Come ha indagato Degli Innocenti 1979 e Degli Innocenti 1982a, la tradizione manoscritta del volgarizzamento dal francese dell'Elucidarium di Onorio d'Autun è costituita dai seguenti 25 codici: Bg BC MA 426 (Bg2), Bo BU 157 (Bo1), Fi BML Pal. 114 (FL1), Fi BML Gadd. 143 (FL2), Fi BML Gadd. 115 (FL3), Fi BM C 164 (FMa1), Fi BMo Palagi 104 (FMo1), Fi BNC XXXIV 74 (FN1), Fi BNC II VIII 49 (FN2), Fi BNC II II 388 (FN3), Fi BNC II IX 134 (FN4, con testo spesso riassunto), Fi BNC XXI 168 (FN5), Fi BNC NA 509 (FN6), Fi BNC XXXIV 44 (FN7), Fi BR 1329 (FR1, con testo talvolta abbreviato), Fi BR 1307 (FR2), Fi BR 1382 (FR3), Fi BR 1417 (FR4), Oxford, BL Can. Ital. 199 (Ox1), Oxford BL Bodl. 1025 (Ox2, copia di una cinquecentina), Pd BU 1127 (Pd1), Pd BU 470 (Pd2), Rm BANLC Rossi 27 (RC1), Ve BNM It. I 29 (Ve1), Vr BC CCCLXXXVIII (Vr, segnalato da Donadello 2003, p. XXIII n. 44; descriptus di Ox1). A essi si aggiungono un frammento di due carte di un codice di area lucchese conservato presso l'Archivio di Stato di Lucca (Lu AS 93 n° 12: vd. Fumi 1901 e Ciccarello Di Blasi 1986), e altri cinque codici che fino alla q. II 76 seguono uno dei volgarizzamenti dal latino (vd. la relativa scheda), e di lì in poi il nostro (Mi BA D 60 inf. [MA2], Mi BA Trotti 305 [MA3], Mo BE It. 351 [Mo1], Oxford BL Can. Ital. 256 [Ox3] e Pv BU Aldini 256 [Pv1]).
Degli Innocenti 1982a si è incaricato anche di sondare l'intricata tradizione, giungendo ad alcune importanti conclusioni. Tutti i testimoni sembrano far capo a un'unica traduzione di area italiana (che deriva a sua volta dalla «Traduction I» francese dell'Elucidarium, per la quale cfr. Lefèvre 1954, pp. 272-280), in quanto i codici condividono una vasta lacuna (qq. II 44-76) e diversi errori. Secodo Degli Innocenti 1982a, p. 204, inoltre, «il Lucidario italiano tradotto dal francese, così come oggi lo possediamo, è un rifacimento di cui esistono tre principali redazioni» , indicate con le lettere γ, ε e β nel complesso stemma proposto dallo studioso.
Il Lucidario γ, costituito da FL1, FN1, Ox1 e, nella seconda parte da Pd1, rappresenterebbe il rifacimento più antico (corredato di numerose aggiunte) di una prima traduzione italiana di cui non ci resta traccia. Esso poi contaminò in vario modo il resto della tradizione, dando origine alla forma β (il cui testimone più autorevole è FN2), che ebbe grandissima fortuna, e alla forma ε (tra i cui codici spiccano FL2 e nella prima parte Pd1). Risulta evidente, dunque, che sotto l'aspetto filologico maggior interesse riveste la redazione γ: essa fu elaborata in ambiente settentrionale, probabilmente in veneto, come documenta il testimone più importante di tale rifacimento, vale a dire Ox1 (scritto in veronese), che proprio per questo è stato scelto per l'edizione integrale del testo da parte di Donadello 2003.
Lo stesso Donadello 2003, riprendendo la questione (pp. XXIII-XXX), ha proposto, tra le altre cose, una diversa spiegazione per giustificare la lacuna che coinvolge tutti i testimoni: «si può pensare [...] che tale lacuna fosse causata non da un guasto meccanico (perdita di fogli nell'archetipo), ma che sia stata la conseguenza della perdita dell'originale intero (venuto a mancare, per un qualche motivo, all'altezza della q. II 44): il completamento della traduzione sarebbe stato condotto in seguito su un altro manoscritto francese, forse reperito all'occorrenza» (p. XXVI). Ciò darebbe conto di un altro fatto notato dallo stesso Donadello (e solo parzialmente percettibile dalle osservazioni di Degli Innocenti): ossia che i legami di collateralità tra i codici paiono talvolta mutare tra la prima e la seconda parte del testo. Ne consegue che la tradizione del Lucidario sarebbe in qualche modo duplice, obbligando a rivedere, almeno in parte, lo stemma tracciato da Degli Innocenti.