Falso
Le rime del poeta veneziano Giovanni Quirini sono trasmesse da codici posteriori di almeno mezzo secolo all'epoca in cui furono composte. Sono tràdite nella quasi totalità da Ve BNM Lat. XIV 223 [Mc], codice importantissimo per la cultura veneta trecentesca, in quanto si configura come un panorama che unisce la poesia volgare di Francesco Petrarca, Giovanni Quirini e Giovanni Dondi dall'Orologio alla produzione dei principali umanisti padovani, ad alcune operette del Boccaccio, e alla silloge delle iscrizioni romane e delle epistole latine dello stesso Dondi.
Il codice risulta essere strettamente legato allo scrittoio di Giovanni Dondi dall'Orologio, ma quasi certamente non di mano sua, come riteneva invece Billanovich 1947, pp. 343-48, il quale ipotizzò che dovesse trattarsi del libellus quidam in quo sunt sonecti vulgares et aliqua alia citato nell'inventario della biblioteca del dotto padovano. Mentre Folena 1979, pp. 342-43, dopo una prima esitazione (Folena 1966, pp. 314-15), accettò l'ipotesi di Billanovich 1947, si sono espressi contro l'autografia Kristeller 1955, p. 388 n., Belloni 1982, p. 27 n., Monti 1985, pp. 74-76 e Pesenti 1992, p. 102 dimostrando che non solo le abitudini grafiche del copista di Ve BNM Lat. XIV 223 contrastano con quelle degli altri autografi di Dondi, ma anche che le lettere dell'epistolario presentano parecchi errori, e pertanto possono difficilmente essere attribuite allo stesso autore. Un ulteriore confronto della grafia di Ve BNM Lat. XIV 223 con quella del secondo fascicolo del codice Pd BS CCCLVIII, che contiene il trattatello De fontibus calidis paduanis, quasi certamente autografo (e, tra gli autografi, il più simile a Ve BNM Lat. XIV 223), conferma che si tratta di una mano posteriore (Duso 1999, p. 197 e Duso 2002, p. XLVI).
Ve BNM Lat. XIV 223 contiene una raccolta adespota ed anepigrafa di cento componimenti poetici del Quirini (due canzoni, tre capitoli ternari, otto ballate e ottantasette sonetti), al'interno della quale sembra possibile individuare parziali criteri di ordinamento. Le rime, infatti, con poche eccezioni, sono suddivise in religioso-moraleggianti (numeri 1-67 edizione Duso 2002, con esclusione del gruppo 63-65) e amorose (i numeri 68-100 edizione Duso 2002, con esclusione dei sonetti mariani 91-94) e tendono a raggrupparsi anche in base alla forma metrica. I capitoli ad esempio occupano i numeri 55, 59 e 60 e costituiscono, con un piccolo gruppo di sonetti che fanno da contorno, una compatta sezione di tematica liturgico-confessionale. Le otto ballate, a loro volta, si aggregano sia in base alla posizione (occupano i numeri 78-99, con poche intromissioni di sonetti) che in base al tema, e caratterizzano il nucleo più propriamente stilnovistico della raccolta. Le uniche due canzoni invece appaiono fortemente distanziate tra loro, ma collocate in posizioni strategiche: la 54, di soggetto politico-morale, si trova all'incirca a metà raccolta, chiude la lunga serie iniziale di soli sonetti (1-53), inaugurando quella dei metri lunghi (i capitoli ternari); la 100 invece occupa la postazione finale e, dal punto di vista tematico, si presta perfettamente a fungere da congedo: appare infatti come l'ultimo canto del cigno, animale cui il poeta si paragona, secondo un topos già classico.
È purtroppo impossibile stabilire se l'ordinamento della raccolta sia da attribuire al solo compilatore o se esso risalga allo stesso Quirini, almeno per quanto riguarda la fondamentale bipartizione tematica, che idealmente rimanda al precedente di Guittone, autore di rime profane, e poi, dopo la conversione, di rime sacre e morali. Anche nella poetica quiriniana appare esserci ad un certo punto una svolta: nel sonetto Io lasso volontier lo dir d'amore (Duso 2002, n. 21) il Quirini dichiara di voler abbandonare «lo dir d'amore» per passare ad una poesia dedicata esclusivamente alla celebrazione della divinità e componimenti quali il 43 o la corrispondenza in versi dei numeri D.10a-D.10 attestano ormai una dedizione quasi totale alla materia religiosa.
Altri indizi parlano a favore dell'ipotesi di una bipartizione originaria, o comunque ben presto affermatasi nella tradizione: intanto, la suddivisione in due blocchi (rime amorose e di corrispondenza / rime religiose) compare anche in un ms. appartenente ad un ramo diverso della tradizione (Mi BA O. 63 sup. [Am]); poi, come già sembra indicare Folena 1966, p. 322 dal punto di vista stilistico le rime religiose risentono maggiormente dell'influsso della Commedia dantesca in particolare del Paradiso, e perciò si collocano con buona probabilità alla fine di «quell'itinerarium mentis in Comediam» (Folena 1966, p. 322) che caratterizza la produzione del Quirini.
È possibile quindi pensare che siano confluite in Ve BNM Lat. XIV 223 due raccoltine inizialmente separate, o comunque che in fase di ordinamento dei componimenti l'autore stesso o il compilatore del codice li abbia raggruppati non secondo una successione 'cronologica' (che avrebbe voluto rime amorose, conversione, poi rime sacre), ma secondo una successione in ordine d'importanza, come del resto è accaduto anche per le canzoni guittoniane tradite dal codice Fi BML Redi 9.
La correttezza delle lezioni e la mancanza di rubriche attributive fa pensare che il copista dovesse attingere da un codice molto vicino all'originale, se non addirittura dall'originale stesso.
Estranee al canzoniere marciano risultano solamente alcune rime, in buona parte di corrispondenza, trasmesse da tre altri manoscritti, in alcuni casi con esplicita attribuzione al Quirini: CV BAV Urb. lat. 697 [V] (della seconda metà del XIV secolo), l'unico a tramandare la corrispondenza in versi tra il Quirini e Botrigo da Reggio a proposito dell'Acerba di Cecco d'Ascoli, e i due codici Mi BA O. 63 sup. (XV sec.) e Oxford BL Can. it. 111 [Ox] (XIV sec. ex. o XV in.), strettamente imparentati tra loro da una serie di errori congiuntivi oltre che da alcune rubriche attributive erronee. Tali rubriche assegnano a Dante alcuni componimenti del Quirini e di un suo ignoto corrispondente veneto, e a lungo hanno fatto pensare all'esistenza di un carteggio poetico tra Dante e il Quirini, che oggi si tende invece ad escludere (Duso 2002, pp. XVI-XX).
La tradizione delle rime quiriniane risulta quindi bipartita in due famiglie principali:
- la famiglia beta, formata dal codice Ve BNM Lat. XIV 223 e da Ve BNM It. IX. 191 [Mc2], noto come codice Mezzabarba, che tramanda il sonetto 63, la ballata 65 e la canzone 100, e che deriva quasi certamente da Ve BNM Lat. XIV 223.
- la famiglia alfa, composta da Mi BA O. 63 sup., da Oxford BL Can. it. 111 e da due altri manoscritti poco rilevanti, in quanto portatori di lezioni peggiorative (Ve BNM It. IX 352 [Mc4] e CV BAV Vat. lat. 10273 [V1], falso del XIX secolo).
I codici Mi BA O. 63 sup. e Oxford BL Can. it. 111 hanno in comune sette sonetti (Duso 2002, numeri 6, 10, 64, 66, 75a-75, 89).
Mi BA O. 63 sup. inoltre contiene quattro sonetti presenti anche in Ve BNM Lat. XIV 223 (Duso 2002, numeri 16, 18, 25, 95) e due sonetti di corrispondenza in attestazione unica (Duso 2002, numeri D.10a-D.10).
Oxford BL Can. it. 111 invece ha quattro sonetti tràditi anche da Ve BNM Lat. XIV 223 e 15 componimenti (due ballate e tredici sonetti, quattro dei quali di corrispondenti) in attestazione unica (Duso 2002, numeri D.2, D.3, 102-102b, 103-103b, 104a-104, D4a-D.4, D.5, D.6, D.7, D.8, D.9).
Non è possibile collocare nello stemma invece il codice CV BAV Urb. lat. 697 [V] che, oltre alla già accennata corrispondenza tra Quirini e Botrigo da Reggio (Duso 2002, numeri 117-117b, 118, 119, 120, 121) contiene il sonetto 15 Io mi coffesso pecator sì pieno (Duso 2002, n. 15) presente anche in Ve BNM Lat. XIV 223. Le lezioni di CV BAV Urb. lat. 697 comunque risultano peggiorative.
Non rientrano nello stemma neppure alcuni altri manoscritti di minore importanza (Bo BU 401 IV, Ve BNM It. IX. 182, i codd. Ve BGR cl. I IV e Ve BGR cl. I CXX, e Pd BU 2240), che tramandano singoli componimenti o piccoli nuclei di componimenti principalmente di argomento religioso, e risultano legati alla tradizione dei laudari del Quattrocento. Neppure tali manoscritti appaiono essere di particolare utilità per ricostruire il testo, essendo ricchi di banalizzazioni e di errori palesi.
Si segnala infine il codice Sevilla BCC 7 1 32 [S], trascritto con buona probabilità da Nicolò de' Rossi, l'unico testimone della tenzone tridialettale tra tre rimatori veneti (il veneziano Çuanino, il padovano Guerzo da Montesanto e il trevisano Liberale da San Pelagio (sotto il quale potrebbe celarsi Nicolò de Rossi): il sonetto in veneziano, Verço, co' tu sis struolego che montis (Duso 2002, n. D.1) è infatti attribuibile al Quirini.
Mancano edizioni antiche delle rime quiriniane. Solo nel 1821 Witte 1821 pubblicò alcuni sonetti del Quirini, che riteneva però di Dante, dal ms. Mi BA O.63.sup., discutendone la paternità; quelli che accettò come quiriniani furono accolti anche da Fraticelli 1856 e da Moore 1894 nelle loro edizioni dantesche.
Nel 1881-1882 Morpurgo pubblicò poi il carteggio tra Quirini e Botrigo da Reggio dal cod. CV BAV Urb. lat. 697 e una decina di anni dopo annunciò di aver scoperto nel codice Ve BNM Lat. XIV 223 un intero canzoniere di rime del Quirini. Ne pubblicò alcune, proponendosi di allestire in seguito l'intera edizione critica, che però non portò mai a termine. Intervennero quindi Barbi 1920 e Barbi-Pernicone 1940, con due importanti contributi, in cui veniva discussa la spinosa questione della presunta corrispondenza tra il Quirini e Dante Alighieri, con i relativi problemi attributivi, escludendo in sostanza l'esistenza di un rapporto epistolare tra i due autori.
Rimaneva il dubbio esclusivamente per il sonetto Nulla me aparve mai più crudel cosa (Duso 2002, n. 75a), per il quale la questione non appare ancora risolta: mentre infatti ormai escludono l'attribuzione a Dante Duso 2002, p. XVI-XVII e De Robertis 2002, p. 950-51, si pronunciano a favore Pasquini 1997, pp. 48 e 50 e Piccini 2003 su basi stilistiche.
Il problema dell'amicizia tra Dante e Quirini ha bloccato a lungo gli studi sul canzoniere del veneziano: negli anni '60 comunque Folena cominciò a lavorare all'edizione critica, e reimpostò il problema, qualificando il Quirini come «primo imitatore veneto di Dante» (Folena 1966) piuttosto che come amico e corrispondente di Dante. Neppure lui riuscì però a portare a termine l'edizione, che rimase confinata in un quadernetto manoscritto, ora scomparso (Brugnolo in introduzione a Duso 2002, p. IX).
A Folena 1965-66, Folena 1966, Folena 1978 comunque e a Brugnolo 1976 si devono l'edizione di un buon numero di altri componimenti, e i primi studi sulle fonti e sullo stile del Quirini, ripresi poi da Duso 2001 e Duso 2002b.
L'intero corpus del Quirini è ora leggibile nell'edizione critica Duso 2002, fondata principalmente su Ve BNM Lat. XIV 223, che oltre ad essere il testimone più completo risulta anche il più corretto. Ai cento componimenti in esso attestati sono stati aggiunti poi i componimenti tràditi da Oxford BL Can. it. 111 da Mi BA O.63 sup., e da CV BAV Urb. lat. 697 ed un'appendice di rime di dubbia attribuzione.
Ogni componimento è introdotto da un breve cappello introduttivo, completo di nota metrica, ed è seguito da un commento teso principalmente all'interpretazione letterale del testo e alla ricerca delle fonti, classiche, bibliche e volgari. Il volume è corredato da introduzione, nota linguistica, tavola metrica, e dagli indici delle voci volgari, latine e dei nomi propri.
Ilvano Caliaro, Veneto-Trentino Alto Adige, Brescia, La Scuola, 1988