Sotto il nome di Federico II ci sono pervenuti sei componimenti, di cui tre d'incerta attribuzione; oltre a questi, Cassata 2001 pone tra le rime dubbie anche la canzone adespota Amor voglio blasmare, avanzando ragioni interne; in Cassata-Spagnolo 2009 si aggiunge un altro testo privo di attribuzione, la canzonetta Oi llassa 'namorata.
Il contrasto Dolze meo drudo, e vaténde! (n. 1 di Cassata 2001) è tràdito da CV BAV Vat. lat. 3793 (=V), n. 48, ed è attribuito a «Re federigo». Paris BNF Nouv. acq. fr. 6771 (= PR) trasmette, nella sezione più antica, «di contenuto prevalentemente italiano e di origine probabilmente veneta» (Pirrotta 1984, p. 144), i vv. 1-2 e 5-8, senza attribuzione, accompagnati da notazione musicale, trascritta da Pirrotta 1984, pp. 148-51; si tratta della «musica di una siciliana, forse simile a quelle che Francesco di Vannozzo insegnava ai suoi allievi veneziani» (Pirrotta 1984, p. 143) alla fine del Trecento. Se ne deduce che la canzone, composta da 5 strofe di 8 ottonari, con fronte abab e sirma cddc, fu intesa come una ballata. «Tale misinterpretazione, naturalmente, non potrebbe essere avvenuta se non nel corso del secolo XIV, quando la canzone aveva cessato di essere una forma abitualmente collegata alla musica ed era stata soppiantata come tale dalla ballata» (Pirrotta 1984, p. 146). Per la descrizione di Paris BNF Nouv. acq. fr. 6771 vd. anche Von Fischer 1957, Wilkins 1963, Von Fischer 1963. «È certo un dialogo di commiato, che si finge scambiato tra due amanti, al momento in cui l'uno è costretto a partire per lontana terra» (Monteverdi 1954, p. 43). L'allusione dei vv. 15-16 (biasmomi, dolze Toscana, / che mi diparte lo core) «parrebbe da riferire alla campagna dell'inverno 1239-1240» (Cassata 2001, p. 14), per cui vd. Kantorowicz 1976, pp. 482-83, 485.
La canzone De la mia disïanza (n. 2), trasmessa da CV BAV Vat. lat. 3793, n. 51, è attribuita allo «jperadore federigo». Sono 5 strofe capfinidas di 9 versi, secondo lo schema ab(b5)C, ab(b5)C; (c5)A(a5)C(c5)A. Al v. 12 la rimalmezzo è al quaternario, anziché al quinario.
Il sonetto Misura, providentia e meritanza (n. 3) è trascritto adespota da Mi BA O 63 sup. (= Am), n. 30. È contenuto anche in CV BAV Urb. lat. 697 (= Urb), con attribuzione allo «Imp(er)ador Federicho».
La canzone Oi lasso, non pensai (d. 1) si legge integralmente in CV BAV Vat. lat. 3793 49, alla c. 13v, attribuita a «Rugierone dipalermo». Fi BML Redi 9 (= L), n. 117, reca le prime tre stanze, attribuite a «Rex Federigo». È composta da quattro strofe di dieci versi ciascuna, secondo lo schema abC, abC, DD, EE. Contini 1952, p. 382, l'assegna a Ruggerone, in quanto «L [Fi BML Redi 9] scartò, fosse errore fosse intenzione [...] lo sconosciuto Ruggerone in vantaggio CV BAV Vat. lat. 3793 48)». Tale conclusione muove dallo studio di Debenedetti 1947 (che già riteneva più probabile l'attribuzione a Ruggerone [p. 21]), ovvero dall'analisi della serie di diciassette canzoni vergate da mano fiorentina nella seconda parte di Fi BML Redi 9 (109-125, inclusa 112a), tutte presenti in CV BAV Vat. lat. 3793. «La constatazione del Debenedetti, che la consecuzione compatta di Lb coincida con la consecuzione rada di V [CV BAV Vat. lat. 3793] (tolto il solo L [Fi BML Redi 9] 117 che qui interessa), rende indispensabile la sua illazione, che L [Fi BML Redi 9] trascelse in ordine dalla fonte comune fino a 117, poi (riflettendo forse, aggiungo io, al molto spazio a disposizione) tornò indietro per trascrivere sempre in ordine tutto il rimanente» (Contini 1952, p. 381). Nel congedo della canzone, ai vv. 31-32 (Canzonetta gioiosa, / va ' la fior di Soria), Cesareo 1924, p. 122, coglie un'allusione alla siriana Anaìs, cugina della seconda moglie di Federico, Isabella-Iolanda di Brienne. «L'allusione potrebbe riferirsi al periodo in cui Federico, dopo la morte di Isabella (aprile 1228), partì per la crociata ; e la canzone sarebbe stata composta subito dopo il ritorno (10 giugno 1229)» (Cassata 2001, p. 60).
La canzone Poi ca voi piace, amore (d. 2) è in CV BAV Vat. lat. 3793 177, senza attribuzione, «benché si possa ancora leggere un "Ser guilg... di Firenze" cancellato e un successivo "Messer Rinaldo d'aquino" poi abraso» (Contini 1952, p. 369). Fi BNC B.R. 217 (= P), n. 50, reca le prime tre strofe (vv. 1-42), attribuite a «Rex fredericus». La lacuna delle ultime due strofe e una serie di errori (ai vv. 1, 14, 17, 25-28, 31, 33, 38, 41) accomunano a Fi BNC B.R. 217 i seguenti testimoni: CV BAV Chig. L VIII 305 (= Ch), Fi BNC Magl. VII 1208 (= Mg), Bo BU 1289 (= UB), CV BAV Vat. lat. 3214 (= Va). Eccetto Fi BNC Magl. VII 1208, che contiene solo i vv. 1-4, gli altri codici recano i vv. 1-42; tutti e quattro concordano nell'attribuzione all'imperatore Federico. Le cinque stanze capfinidas, di quattordici versi l'una, seguono lo schema abcd, abcd; eff, D(d)GG; la rimalmezzo è al quaternario (vv. 13, 69) o al quinario (vv. 27, 41, 55); nella terza stanza G è uguale a c. Questo testo rappresenta «uno dei casi nei quali nessun errore è comune a V [CV BAV Vat. lat. 3793] e alla famiglia di P [Fi BNC B.R. 217]» (Contini 1952, p. 388); pertanto l'attribuzione non si può decidere con argomenti esterni.
La canzone Per la fera menbranza (d. 3) è tràdita da Fi BNC B.R. 217, anonima. Trissino, ne La Poetica, a p. LIV, cita i primi dieci versi, attribuendoli a «Re Federico». Le due strofe, di diciotto versi l'una, presentano lo schema abbc(c)D, abbc(c)D; dee(e)D, dee(e)D. La rimalmezzo è al quinario (vv. 5, 14, 18, 28, 32, 36) o al quaternario (vv. 10, 23).
La canzonetta Oi llassa 'namorata (app. 1 in Cassata-Spagnolo 2009), adespota, è contenuta in CV BAV Vat. lat. 3793 26. Le cinque stanze, di dodici settenari ciascuna, presentano fronte e sirma di uguale lunghezza, con rima alternata (ab, ab, ab; cd, cd, cd). Diversi i punti di contatto con gli altri testi federiciani, in particolare con Dolze meo drudo, e vaténde!.
La canzone Amor voglio blasmare (app. 2 in Cassata-Spagnolo 2009) è contenuta, adespota, in CV BAV Vat. lat. 3793 68. Le quattro stanze, di quattordici versi l'una, seguono lo schema abcd, abcd; eeff(f4)G(g7)F; le prime tre sono capfinidas. I vv. 41-56 sono confrontati da Cassata 2001, pp. XXVII-XXIX, con De la mia disïanza, vv. 14-17, 40-43: in entrambi i passi si parla dei lauzengier (i calunniatori, i Monteverdi 1952 e Contini 1952 concordano nel ritenere infondata l'attribuzione del titolo di re, che compare in alcune rubriche (vd. sopra), a Federico d'Antiochia, figlio illegittimo dell'imperatore Federico II. «Nato tra il 1220 e il 1230, morto nel 1258, il principe era stato inviato nel 1246 dal padre quale suo vicario in Toscana e quale podestà a Firenze, dove rimase in quella carica sino al 1250: qualche cronaca lo chiama "re", e "re" lo chiamano anche alcuni documenti toscani dei suoi tempi [...] ma, di diritto o di fatto, non fu mai re, né d'Antiochia [...] né di Toscana [...], né, infine, d'altri paesi [...] E non si può trascurare un'altra considerazione. L'esercizio della poesia, che ci è sicuramente attestato per il padre, che ci è attestato anche per qualcun altro dei suoi figli (re Enzo, re Manfredi), non ci è attestato invece in nessun modo per Federico d'Antiochia» (Monteverdi 1952, pp. 352-353).